Il parco dei Mostri di Bomarzo
Scopri quella che in realtà è chiamata la Villa delle meraviglieIl Sacro Bosco di Bomarzo: La villa delle Meraviglie (o Parco dei Mostri di Bomarzo) nel cuore della Tuscia
A pochi chilometri da Viterbo e facilmente raggiungibile da Roma, immerso nella riserva naturale di Monte Casoli, alle falde dei monti Cimini si trova Bomarzo e il suo parco dei Mostri o Villa delle meraviglie di Bomarzo.
Il piccolo borgo, dominato dall’imponente palazzo Orsini, si trova nel cuore della Tuscia, al confine con l’Umbria, e il suo nome e la sua storia sono associati ad un luogo unico nel mondo: il Bosco Sacro di Bomarzo.
Questo luogo conosciuto, anche come villa delle Meraviglie o Parco dei Mostri di Bomarzo, è certamente uno dei più noti esempi di Arte all’aria aperta, in cui la scultura è protagonista indiscussa.
Qui, infatti, non si viene per godere di un semplice parco o di un “classico” giardino all’italiana come gli altri, ma per immergere corpo e anima in un luogo unico al mondo, magico, che ci affascina con i suoi mostri e le sue creature fantastiche.
Il Parco dei Mostri di Bomarzo: tra mistero e meraviglia
Il Parco dei Mostri, realizzato per volontà del Principe Vicino Orsini, è un’opera unica al mondo e la cui nascita e significato è oggetto di interpretazioni discordanti.
Per i più il parco commissionato da Vicino Orsini è un’opera della seconda metà del Cinquecento, che ben si inserisce nella cultura erudita di stampo architettonico- naturalistico che caratterizza questo momento storico.
Secondo questa tradizione di studi la sua realizzazione si deve a Pirro Ligorio, che seguendo l’indicazione del Principe, realizza per quest’ultimo questo “boschetto” ricco di grandi sculture, difficile da comprendere, spesso sproporzionate, quasi a creare un labirinto di simboli dai significati inespugnabili e in grado di avvolgere l’avventore in una esperienza quasi mistica, grazie alle sculture mostruose, nate secondo alcuni, dal sogno d’amore di Pierfrancesco Orsini per la moglie Giulia Farnese.
Vi è poi una seconda affascinante interpretazione del Sacro Bosco, che a seguita di una rilettura dei documenti che lo riguardano, ne anticipa la creazione alla prima metà del Cinquecento, proponendo come principale artefice del Bosco il grande Michelangelo e proiettando così questo luogo in un contesto storico- artistico completamente diverso, che ha come sfondo gli anni cruciali della Controriforma.
Questa trasposizione consente di leggere le enigmatiche sculture e in generale il Parco, come una maestosa opera d’arte fortemente intrisa delle credenze sincretiche ed eretiche diffuse negli ambienti filoimperiali di tutta Europa e che, per quanto riguarda la Tuscia, sembrano essere ricollegabili al movimento degli Spirituali e del loro protettore, il cardinale Reginald Pole.
Vagando così nella villa delle Meraviglie è possibile, seppur in parte, comprendere alcune delle scelte tematiche e dei significati del Bosco che trovano riscontro nei poemi cavallereschi come l’Orlando innamorato e l’Orlando Furioso, nelle poesie di G. Betussi, B.Tasso e di François Rabelais.
Ed ecco che Le meraviglie di Bomarzo, le grandi sculture mostruose non sono più il frutto della cultura erudita che si diffonde nel Cinquecento, ma prototipi frutto della mente di un Genio artistico, precursore dei tempi, che instilla in queste opere, frutto di un progetto rigoroso, i caratteri della cultura, della politica, della religione di un particolare momento storico da collocarsi tra il consiglio di Trento e gli anni Cinquanta del Cinquecento.
Un’ ulteriore e affascinante lettura vede infine quale fonte iconografica principale del parco il trattato l’Idea del Theatro di Giulio Camillo, il più importante testo ermetico-cabalista rinascimentale, interpretando il parco come la trasposizione in pietra del vagheggiato e utopistico concetto di teatro proposto dall’umanista e filosofo italiano. Un Teatro della memoria, dalla natura incerta, ma che è possibile intravedere audacemente sospeso tra idea, metafisica e mito alchemico. In questa visione il teatro reale del Bosco con la scena in pendenza, associata spesso ad un errore grossolano, assume tutto un altro valore, ergendosi quasi a chiave esemplificativa di tutto il Parco nel quale si dipana un percorso “ermetico” che guida l’avventore verso la purificazione.
L’assenza di una lettura e interpretazione univoca rende ancora più affascinante questo luogo in cui nulla è come ci si potrebbe aspettare, dove le rigide regole della geometria e dell’architettura vengono meno, come nella casa pendente, e la realtà e la razionalità vengono messe a dura prova dalla presenza di queste oniriche sculture giganti, i Mostri/Meraviglie, realizzati direttamente nei massi emergenti dal terreno. E così la mente si perde incontrando l’Arpia, Cerbero, Il Gigante o varcando la porta della famosa e gigante Maschera infernale, che è forse la scultura più nota di questo luogo unico e suggestivo.
Entrando in questo luogo in cui il mistero si infittisce ad ogni passo, non si può far a meno di meravigliarsi ancor di più, quando si scopre che dopo la morte del suo committente, il grandioso parco, che occupa una superficie di circa tre ettari, fu abbandonato per secoli, lasciato all’oblio, per essere poi riscoperto nella seconda metà del Novecento.
Un luogo che affascinò profondamente Salvator Dalì, a cui in parte si deve la sua riscoperta, (https://www.youtube.com/watch?v=IMJMHnwlDps) e che lasciò una suggestiva testimonianza della sua visita e dello stato di abbandono in cui versava il parco.
Prima di lui solo Johann Wolfgang von Goethe, nel suo lungo e articolato viaggio in Italia, riesce a raggiungere questo luogo oramai lasciato all’oblio.
Dalì, a seguito di una serie di segnalazioni ricevute sull’esistenza di questo luogo ameno, lo vistò nel 1948, lasciando una interessante testimonianza del suo passaggio.
Dei tanti avventori famosi che entrarono in contatto col Parco, sicuramente il genio del surrealismo è quello che entra maggiormente in contatto con la natura onirica di questo luogo, restandone ampiamente affascinato, tanto da imprimere le suggestioni ricevute dalle mostruose Meraviglie in alcune delle sue illustrazioni per l’ Inferno di Dante del 1960.
Oggi, seppur ampiamente restaurato, il Parco conserva tanto della sua suggestiva atmosfera impressagli dai suoi creatori materiali, chiunque essi siano. Il suo fascino indiscutibile sommato al mistero della sua genesi e alla sua affascinante e quasi fiabesca riscoperta, rendono ancor più imperdibile la visita. Non si può infatti fare a meno di perdersi in questo luogo unico al mondo, ricco di miti e mistero, una esperienza unica dritta al cuore delle bellezze artistiche italiane tra sogno e realtà.