Il Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo

Scopri uno degli storici centri di potere e di villeggiatura dei Papi

Il Palazzo Apostolico delle Ville Pontificie: visita imperdibile

Come abbiamo visto nell’articolo dedicato ai giardini delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo che puoi rileggere qui, il complesso oltre che da Villa Barberini e i suoi giardini, è formato anche dal Palazzo Apostolico, da Villa Cybo e dalla fattoria Pontificia per una estensione totale di 55 ettari. Il nucleo più antico è quello che ospita il Palazzo Apostolico, la prima residenza estiva ufficiale dei Papi.

Il Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo simbolo del potere e del gusto privato dei Pontefici

il Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, viene realizzato per volere di Urbano VIII. Siamo negli anni Venti del XVII secolo e Maffeo Barberini, avvia un progetto destinato a segnare in maniera indelebile le storia dei Papi e il piccolo borgo che lo ospita. Salito al soglio pontificio nel 1623 col nome di Urbano VIII, Maffeo avviò quasi subito i lavori in quello che ancora era un castello Medievale, trasformando completamente quest’ultimo e unendolo ad una sua residenza sita nei pressi del recinto medievale. I lavori videro il coinvolgimento di Carlo Maderno e in parte continuarono anche sotto Alessandro VII, con la presenza di un altro grande architetto Bernini.Grazie a questi personaggi e alla presenza di altri artisti e architetti, non solo venne completato il Palazzo, ma si avviò una importante e determinante ristrutturazione del piccolo borgo, che assunse i caratteri urbanistici tipici del Barocco. 

 

Varcando il grande Portone  si entra nelle stanze del Palazzo Apostolico affacciato sul lago

l’esperienza si arricchisce e completa con le stanze di questo luogo esclusivo. Il palazzo infatti fino a pochi anni fa inaccessibile, ha aperto le porte al pubblico per volere di Papa Francesco qualche tempo dopo l’apertura della Villa Barberini, e permettendo

così di entrare nel cuore di questa vita in Campagna dei Papi, nella loro quotidianità fatta di spazi pubblici e privati, in cui è possibile riconoscere l’impronta importante di personalità raffinate come Urbano VIII, Alessandro VII, Benedetto XIV, Pio XI. 

 

L’appartamento privato e la Galleria di Alessandro VII

Il segno lasciato dai papi è certamente più evidente al secondo piano dove si trova l’appartamento privato del pontefice. Si tratta di un complesso di stanze realizzate in successione e divisibile in due gruppi uno pubblico e uno privato. Uno degli spazi più suggestivi è costituito dalla Galleria di Alessandro VII, sita al termine dell’attuale percorso museale.

Passeggiando tra i paesaggi dipinti nella Galleria di Alessandro VII sembra quasi di muoversi in un luogo senza tempo. Se poi si entra nelle stanze private, di solito chiuse al pubblico, si ha veramente la sensazione di immergersi in una   dimensione intima in grado di ampliare ed arricchire il raffinato dialogo tra arte e natura che caratterizza questo luogo esclusivo. Luoghi come la  Sala del Biliardo, la cappella di Urbano VIII o la sala della Musica, consentono infatti di apprezzare maggiormente  alcune delle raffinate scelte fatte dagli artisti che hanno legato la loro carriera a questo palazzo e il personale gusto di personaggi come Benedetto XIV o Pio XI, artefici in momenti diversi di veri e propri restyling dell’appartamento privato, dopo lunghi periodi di abbandono. 

 

Il restyling di Benedetto XIV 

Se di maggior impatto e facilmente riconoscibili anche negli spazi normalmente fruibili al pubblico, sono gli interventi legati alla figura di Ambrogio Damiano Achille Ratti, Papa Pio XI,  è osservando i dettagli degli angoli più intimi e privati, che si può apprezzare il “dietro le quinte” della vita ufficiale dei pontefici. Una vera e propria immersione nella loro giornata privata, fatta di gesti e di luoghi personalizzati secondo il gusto dell’epoca e il personale interesse. Ed è in questo dietro le quinte che si possono percepire le idee alla base del restyling attuato da Benedetto XIV realizzato tra il 1740 e il 1758.

E’ così che riusciamo a perderci nei paesaggi lacustri di Pier Leone Ghezzi, che in connubio con Giacomo Marini, costituisce una delle “ditte” più attive durante la ristrutturazione voluta da Prospero Lambertini e realizzata a cavallo degli anni 50 del XVIII secolo. Una ristrutturazione che prima di raccontare il pontefice, racconta l’uomo che si cela dietro questo ruolo, un uomo che ama la natura in tutte le sue rappresentazioni. Un intellettuale, amico di intellettuali, in linea con il pensiero di Muratori, “un dotto tra i dotti…Papa degli scienziati” come scrisse Montesquieu

Un pontefice, che per le scelte che fa nel momento storico che vive, viene spesso indicato come l’alfiere della modernità cattolica. Una modernità che emerge bene se si affronta la politica culturale del papa, ma che ancor meglio si percepisce cercando di ricostruire come doveva essere la sua idea del palazzo papale “feriale”. Sebbene poco sia rimasto a Castel Gandolfo delle sue scelte, mettendo insieme i dettagli è possibile avere in maniera preponderante una visione chiara, inedita e privata di questo affascinante personaggio. Amante della vita all’aria aperta, dotato di una intelligenza brillante e guidato da un amore per le arti e la scienza che si affiancano alla fede profonda e alla sua profonda conoscenza della dottrina giuridica. 

Ed è per l’uomo con queste caratteristiche che l’architetto Ferdinando Fuga insieme al Maggiordomo di Palazzo, il cardinale Girolamo Colonna, realizzano il Caffeaus nei giardini del Quirinale e ristrutturano il Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo.

Due luoghi magnifici in cui gli arredi e i dettagli vengono realizzati da una squadra di mirabili artisti e artigiani tra cui si distinguono i tessuti di Lanini, gli intagli di Pietro e Giuseppe Corsini, le dorature di Giacomo Marini e dipinti di Pier Leone Ghezzi. Seppur molto di questo imponente restauro sia andato perduto, è ancora possibile cogliere appieno lo

spirito che ha guidato Benedetto XIV nell’adattare la residenza di Castel Gandolfo alle sue esigenze, personalizzando ambienti, spesso in maniera radicale, decorazioni murali, arredamenti, il tutto in perfetta sintonia con i gusti dell’epoca ed anche con una certa attenzione alle spese, visto il budget modesto a disposizione del pontefice. Non è un mistero infatti che a quel tempo il bilancio della Tesoreria Camerale era in condizioni precarie. Ciononostante viene allestito un arredo raffinato e la quadreria in pochi anni passa da sessanta a più di duecentoventi dipinti. 

Dalle Dame cinesi ai Paesaggi a Tempera

Tra tutto notevole doveva essere l’arredo alla cinese che Fuga allestisce nella Galleria di Alessandro VII e che viene trasformata in una vera e propria promenade

tra quattordici pannelli raffiguranti “Dame Cinesi” che, a grandezza naturale erano disposte sulle quattordici paraste della galleria, intervallate da pannelli con composizioni di fiori e uccelli. Questo allestimento pronto già nel 1741 verrà completamente spaginato pochi anni dopo per lasciare il posto ai Paesaggi a tempera di Leone Ghezzi, che ancora oggi è possibile ammirare nella Galleria, mentre dell’allestimento alla cinese restano ventuno pitture presenti in altri ambienti del Palazzo di Castello e in parte visitabili con aperture esclusive. La presenza della ditta Ghezzi- Marino nel Palazzo di Castel Gandolfo è del resto uno degli elementi di rilievo nella storia del palazzo legata al Benedetto XIV. I due artisti infatti si occuparono di decorazioni murali a tempera, ritocchi di porte e finestre decorate a grottesche, lavori a marmoridea, tecnica in cui i due erano maestri.

 

Ancora una volta, grazie ai dettagli, agli scorci, alle ricostruzioni, ai luoghi segreti, anche il

palazzo, come il Giardino si trasforma in un’esperienza unica, non più, o meglio non solo la residenza estiva di Papi, luogo ameno di villeggiatura, ma un luogo pregna di storia, in cui apprezzare la moda e il gusto di varie epoche, le scelte raffinate dei committenti e in cui ai capolavori artistici si intrecciano le sorti dell’Italia tutta.