Proserpina e le altre meraviglia di Villa Borghese

Scopri i gioielli del polmone verde di Roma

La Galleria Borghese e le forze opposte di Plutone e Proserpina

C’è un cuore che batte nel cuore di Roma…. Così recitava il verso di una canzone di un famoso cantautore romano, una frase che si adatta perfettamente al luogo di cui vogliamo parlarvi oggi: La Galleria Borghese. Un vero e proprio gioiello sito nel cuore del polmone verde di Roma, dove è possibile trovare refrigerio nei giorni di calura estiva e godere dei meravigliosi cambiamenti della natura nelle altre stagioni dell’anno.

 

Villa Borghese il cuore verde di Roma

 

Roma non è solo una città ricca di storia, monumenti e capolavori d’Arte. Il suo centro storico si caratterizza per la presenza di numerosi parchi in cui potersi rilassare, fare sport, o passeggiare in tranquillità. Molti di questi luoghi sono posti a raggera intorno al nucleo pulsante di questa affascinante metropoli, altri appena in periferia o a cavallo delle suggestive mura aureliane. Fra tutti il più noto e centrale è Villa Borghese.  Questo parco pubblico occupa una vasta zona nel centro storico della città tra Porta Pinciana e Piazzale Flaminio e, oltre a caratterizzarsi per un patrimonio arboreo di tutto rispetto, al suo interno si trovano numerose costruzioni e monumenti in grado di raccontare una parte importante della storia della città e delle sue trasformazioni. Quest’anno, infatti, si celebreranno i 120 anni del passaggio di questa proprietà dalla famiglia Borghese, di cui porta ancora il nome, allo Stato italiano e al comune di Roma. Questi passaggi e la sua trasformazione in parco pubblico, tuttavia, non hanno modificato la sua impronta Barocca, data al complesso al momento della sua costruzione dal Cardinal Scipione Borghese, e il suo assetto romantico che circa cento anni dopo la sua costruzione gli viene impresso da un altro membro della famiglia Marco Antonio IV Borghese.

 

La Galleria Borghese

 

Tra le architetture che la abitano e che la rendono un luogo magico, caro ai Romani, si distingue la vera e propria Villa Borghese, l’edificio ospita la Galleria Borghese, che raccoglie tutt’ora gran parte della collezione d’arte di Scipione Borghese.

Sebbene molti dei pezzi della collezione Borghese, più di 300, vennero venduti da Camillo Borghese a Napoleone nel tentativo di risanare le finanze famigliari da una profonda crisi economica, la Galleria Borghese, ospitata nella residenza nobiliare del complesso adibita a museo, conserva ancora molto del suo assetto originale ed è a tutti gli effetti una delle collezioni d’arte più suggestive, in grado di raccontare in maniera esaustiva non solo l’ascesa del suo creatore e della sua famiglia, ma anche di restituire uno spaccato d’arte senza eguali.

Tra le opere di grandi come Caravaggio, Raffaello, Perugino Tiziano, i numerosi marmi antichi che arricchiscono la raccolta, notevole è il corpus composto da quella che era considerata la statuaria “moderna” all’epoca di Scipione. Tra queste un valore indiscusso è rappresentato dalle numerose opere di Gian Lorenzo Bernini, di cui la collezione accoglie forse il nucleo più importante e spettacolare.

 

Gian Lorenzo Bernini e il Ratto di Proserpina

Proserpina

 

Definito il “gran Michelangelo del suo secolo Gian Lorenzo Bernini è certamente il più importante interprete di quel movimento che da Roma si diffuse in tutta Europa nel corso del Seicento noto come Barocco. È infatti in questo momento che si sviluppa una nuova espressione artistica che attraverso il ricorrere a forme grandiose si qualificava come l’espressione del Potere e della sua autocelebrazione.  La sua diffusione, sostenuta anche dalla Chiesa, ne fece l’arte della Controriforma, un’arte a cui la chiesa affidava la trasmissione al grande pubblico del suo valore politico e religioso. È quindi sfruttando questi nuovi canoni artistici e il particolare momento storico legato al concilio di Trento che Bernini mette in campo a Roma la sua idea di arte trionfante. Il suo più importante committente fu appunto Scipione Borghese che gli commissiona per la sua villa-museo numerosi capolavori. Egli tuttavia, non fu l’unico, Bernini infatti fu il favorito di ben otto pontefici, aspetto questo che gli consentì di lasciare una impronta importante e indelebile alla città.

Tra le sculture di questo genio che la Galleria Borghese conserva una delle opere più suggestive è il ratto di Proserpina, un gruppo scultoreo realizzato da Gian Lorenzo tra il 1621 e il 1622 a soli ventitrè anni, modellando un blocco di marmo di Carrara. All’epoca Bernini, benché si stenti a crederlo, era già uno scultore affermato e la sua levatura artistica mixata alle affinate competenze tecniche gli permisero di realizzare un capolavoro senza eguali. L’opera racconta il ratto di Proserpina da parte del re degli Inferi, Ade/Plutone ma, al di là del mito, ciò che colpisce è il realismo che emerge da ogni gesto riprodotto, la tensione drammatica che caratterizza i corpi dei protagonisti e che è in grado di raccontare, fermando il tempo, il corpo a corpo tra i due al momento del rapimento. Plutone che con la forza afferra Proserpina e lei che si prodiga nel tentativo di respingerla. Si viene così a creare una opera estremamente coinvolgente e dinamica in cui due forze opposte si scontrano (Plutone /Proserpina), generando un interessante movimento a spirale in cui i due protagonisti sono avvolti.  L’atto della potenza estrema è rappresentato dal modo in cui Bernini riesce a ricreare nel marmo la forza della presa di Plutone sulla delicata pelle di Proserpina. La mano che afferra e stringe la coscia di Proserpina e forse infatti il particolare più noto di questa opera, simbolo del Barocco; Tuttavia, ogni volta che ci si ferma in contemplazione ad osservarla è possibile cogliere un tratto in più degli innumerevoli particolari con cui l’autore imprime nella materia la drammaticità espressiva del racconto. Si riesce così a percepire la violenza, il terrore, lo sconforto, la fatica, la bramosia che caratterizzano i momenti concitati del rapimento che Bernini tenta di catturare. Il grande scultore, infatti, nel gruppo scultoreo tratteggia proprio gli attimi finali di questo gesto estremo, fermando il tempo e il respiro degli avventori che come di fronte alle scene finali di una pellicola sperano che Proserpina ce la faccia a liberarsi dalla presa, per poi prendere coscienza dell’inevitabile destino che l’aspetta, e a cui rimanda la morsa e la posa salda di Plutone che con le gambe ben piantate a terra non ha alcuna intenzione di lasciarla andare.

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